Un team di paleontologi ha identificato una nuova specie di carnivoro preistorico, vissuto circa 30 milioni di anni fa nel territorio che oggi corrisponde al deserto egiziano. La creatura, denominata Hyaenodonta Bastetodon, è stata descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Vertebrate Paleontology. La scoperta si deve agli scienziati della Mansoura University e dell’American University del Cairo, guidati da Shorouq Al-Ashqar e Matt Borths.
Un predatore al vertice della catena alimentare
Il team di ricerca ha analizzato un cranio quasi completo, caratterizzato da denti estremamente affilati e potenti muscoli della mascella. Le dimensioni del Bastetodon risultano simili a quelle di un leopardo, confermando il ruolo di questo animale come superpredatore dell’epoca. Gli studiosi ritengono che cacciasse primati, ippopotami, elefanti e altri grandi mammiferi che popolavano la foresta di Fayum, oggi trasformata in un’area desertica.
Un nuovo esemplare della famiglia Hyaenodonta
Il Bastetodon appartiene agli Hyaenodonta, un gruppo di mammiferi carnivori estinti, che dominavano gli ecosistemi dell’Africa prima dell’arrivo dei moderni carnivori. Il nome dell’esemplare si ispira a Bastet, la dea egizia dalla testa di gatto, simbolo di protezione, piacere e salute.

Il legame con il Sekhmetops: un’altra specie della stessa famiglia
Oltre al Bastetodon, i ricercatori hanno analizzato anche il Sekhmetops, un altro Hyaenodonta già descritto nel 1904, che prende il nome dalla dea egizia Sekhmet. Entrambe le specie si sono evolute in Africa, diffondendosi successivamente in diverse ondate migratorie. Tuttavia, profondi cambiamenti climatici e mutamenti tettonici hanno modificato gli equilibri dell’ecosistema africano, favorendo l’ingresso dei moderni carnivori come felini, canidi e iene.
L’estinzione degli Hyaenodonta e il dominio dei moderni carnivori
Con la trasformazione dell’ambiente e la variazione delle prede disponibili, gli Hyaenodonta hanno subito un drastico declino, fino alla loro completa estinzione. “Questi risultati rappresentano un passo fondamentale nella comprensione della diversità e dell’evoluzione di questo antico gruppo e della loro distribuzione globale”, ha affermato Shorouq Al-Ashqar, co-autrice dello studio.
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