Marte, noto anche come “il pianeta rosso”, esercita da secoli un fascino irresistibile sull’immaginario umano. La sua superficie, caratterizzata da sfumature rosso-arancio dovute alla presenza di ossido di ferro, ha da sempre suscitato curiosità e meraviglia, sia nei miti antichi che nelle scoperte scientifiche moderne.
Da sempre alimenta leggende e sogni di esplorazione
Da tempi immemorabili, Marte ha alimentato le leggende e i sogni di esplorazione. Nell’antichità, i popoli lo osservavano e lo associavano a divinità della guerra e della passione, come il dio Marte nella mitologia romana, o Ares in quella greca. Il suo aspetto inquietante e la sua posizione nel cielo creavano un’aura di mistero, facendo del pianeta una sorta di “guardiano” dell’universo, simbolo di lotta, forza e potenza.
Potrebbe aver ospitato la vita in epoche remote
Con l’avanzare della scienza e della tecnologia, il fascino verso Marte si è trasformato in un desiderio concreto di esplorazione. Le missioni spaziali, da quelle storiche degli anni ’60 e ’70 con le sonde Mariner e Viking, fino alle più recenti con i rover Curiosity e Perseverance, hanno rivelato un pianeta che, seppur distante e inospitale, potrebbe aver ospitato la vita in epoche remote.
I suoi deserti rocciosi, le sue valli profonde e i suoi antichi letti di fiumi secchi suggeriscono che in passato Marte abbia avuto condizioni simili a quelle della Terra, aprendo così la porta a teorie affascinanti sulla possibilità di vita extraterrestre.
Una sfida emozionante e ambiziosa per l’umanità
Ma il fascino di Marte non si ferma alla sua storia passata. Oggi, la sua esplorazione rappresenta una delle sfide più emozionanti e ambiziose per l’umanità. Progetti come le missioni di SpaceX, destinati a portare l’uomo sul pianeta rosso, alimentano sogni di colonizzazione e di un futuro in cui Marte potrebbe diventare la seconda casa dell’umanità. Il pianeta offre opportunità scientifiche straordinarie e, allo stesso tempo, ci sfida a riflettere sui limiti della nostra tecnologia e della nostra capacità di adattamento.
Luogo di incontro tra scienza, tecnologia e immaginazione
In questo contesto, Marte diventa molto più di un semplice corpo celeste: è un simbolo di speranza, di scoperta e di progresso. La sua presenza nel cielo ci ricorda che l’universo è vasto, misterioso e pieno di possibilità. La “corsa” verso Marte, quindi, non è solo una questione di esplorazione spaziale, ma anche di desiderio umano di superare i confini della conoscenza e di confrontarsi con l’ignoto.
Il fascino di Marte, “il pianeta rosso”, è destinato a crescere ancora, man mano che la nostra comprensione del cosmo si approfondisce e la nostra voglia di esplorare si fa sempre più forte. Mars, più che un sogno lontano, è diventato un obiettivo concreto, un luogo dove la scienza, la tecnologia e l’immaginazione si incontrano, ispirando generazioni intere a guardare sempre più lontano.
Lo studio dell’Ingv
Adesso un nuovo studio su Marte ci aiuta ancor di più nella comprensione di questo misterioso e affascinante pianeta.
La ricerca è partita da una domanda: c’è acqua liquida su Marte?
Secondo lo studio italiano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, pubblicato sulla rivista Geosciences e riportato da TGCOM24, la presenza di acqua liquida su Marte sarebbe relativa a brevissimi periodi, in piccole quantità e in forma molto instabile, ma essa potrebbe esistere tuttora.
Se l’ipotesi venisse confermata, potrebbe avere conseguenze importanti per la ricerca di forme di vita microbica e potrebbe guidare la scelta dei siti di atterraggio per le future missioni spaziali su Marte. In condizioni normali, l’ambiente marziano potrebbe attualmente supportare la presenza di ghiaccio, ma si tratterebbe di ghiaccio secco, cioè che passa direttamente dallo stato solido a quello di vapore e viceversa.
La scoperta
I due autori dello studio, Adriano Nardi e Antonio Piersanti, hanno trovato indizi che suggeriscono che, in particolari condizioni, l’acqua potrebbe passare in maniera transitoria anche per la sua forma liquida: si tratta dei segni lasciati sulle dune di Marte analizzati grazie a 110 immagini ad altissima risoluzione scattate dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa, lanciata nel 2005.
I ricercatori hanno esaminato in particolare il versante sottovento della duna Russell, la più grande delle dune formate dal vento all’interno dell’omonimo cratere.
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Cosa hanno detto i ricercatori
“Sia pure per brevi periodi nei primi giorni della primavera marziana e in occasione delle folate di vento, ogni anno su questa duna può comparire acqua in condizioni atmosferiche di temperatura e pressione che consentono la sua comparsa transitoria allo stato liquido”, dice Nardi. Sulla cima della duna, infatti, ci sono solchi che potrebbero essere dovuti alla presenza di vapore che condensa: “Quando i canali restano in penombra si osservano tracce di umidità assorbita dalla sabbia. Viceversa, quando un canale svolta in direzione della luce, si assiste all’immediata evaporazione dell’acqua che si era conservata liquida fino a quel punto”, aggiunge lo studioso.
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