È la prova che succede qualcosa quando tu e il tuo cane vi guardate negli occhi. Oltre ai vostri cuori che battono all’impazzata, questo contatto visivo avrebbe una conseguenza sul cervello del tuo amico come sul tuo.
Un nuovo studio suggerisce che quando un padrone guarda il suo cane, i loro cervelli possono sincronizzarsi.
Il coupling neuronale
L’articolo, scritto da ricercatori in Cina e pubblicato a settembre sulla rivista Advanced Science, si è interessato a un fenomeno chiamato coupling neuronale. Questo si verifica quando l’attività cerebrale di due esseri si armonizza durante uno scambio. Nell’uomo, lo si può osservare tra un genitore e il suo bambino quando i due si guardano o si sorridono.
Qui, gli scienziati dimostrano che questo coupling neuronale è possibile tra due specie diverse, ovvero l’uomo e il cane. Per osservare questo legame, hanno utilizzato un apparecchio in grado di registrare l’attività cerebrale. Chiamato elettroencefalografia non invasiva (EEG), sonda i segnali neuronali nel cervello tramite un casco collegato a elettrodi posizionati sul cranio dell’individuo.
Gli autori spiegano di aver studiato il cervello di umani e beagle in diverse situazioni. A volte, gli animali erano isolati dalle persone. Altre volte, erano insieme senza potersi scambiare uno sguardo. Infine, una terza esperienza ha permesso a tutti i volontari, pelosi o meno pelosi, di interagire, guardarsi. Gli umani potevano persino accarezzare i cani.
Le zone cerebrali associate all’attenzione
È in quest’ultima situazione che i ricercatori hanno osservato una sincronizzazione dei cervelli tra cane e uomo, in particolare in zone specifiche come quelle associate all’attenzione.
Inoltre, più i partecipanti passavano del tempo con i cani e familiarizzavano con loro, più il coupling neuronale era importante.
“Il presente studio fornisce prove dirette che le interazioni sociali tra umani e cani implicano attività neuronali accoppiate e che l’attenzione congiunta contribuisce all’accoppiamento delle attività intercerebrali tra cani e umani”, hanno scritto, aggiungendo comunque che altri studi devono essere condotti sull’argomento.
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