Chiunque abbia mai provato prurito sa quanto sia irresistibile l’impulso di grattarsi. Il gesto di strofinare o graffiare la pelle fornisce un sollievo immediato e piacevole, ma spesso si tratta di un conforto momentaneo che può portare a conseguenze negative per la salute.
Il sollievo ingannevole del grattarsi
Quando ci grattiamo, il nostro cervello riceve un segnale di piacere dovuto al rilascio di endorfine, che mascherano temporaneamente la sensazione di prurito. Tuttavia, questo comportamento può attivare un circolo vizioso: grattarsi irrita ulteriormente la pelle, aumentando l’infiammazione e la sensibilità dell’area colpita. In alcuni casi, il continuo sfregamento può persino danneggiare l’epidermide, causando microlesioni che rendono la pelle più vulnerabile alle infezioni batteriche.
La sensibilizzazione del prurito
Un altro rischio è legato alla cosiddetta “sensibilizzazione del prurito”: più ci si gratta, più la pelle diventa reattiva, aumentando la percezione del fastidio invece di alleviarlo. Questo fenomeno è particolarmente problematico per chi soffre di condizioni come dermatite atopica o psoriasi, dove il grattarsi può peggiorare l’infiammazione e ritardare la guarigione.
Bisogna prendersi cura della pelle senza danneggiarla
Per evitare di cadere in questo ciclo dannoso, è consigliabile ricorrere a strategie alternative, come applicare impacchi freddi, idratare la pelle con creme specifiche o utilizzare tecniche di distrazione. Se il prurito persiste, consultare un medico può aiutare a individuare la causa sottostante e trovare il trattamento più adatto.
Grattarsi può sembrare una soluzione immediata, ma la chiave per un vero sollievo è prendersi cura della pelle senza danneggiarla.
La ricerca statunitense
All’argomento ha dedicato un articolo Sciences et Avenir, parlando di una ricerca statunitense davvero molto interessante. Se grattarsi quando si ha prurito fa male, perché ci fa sentire così bene? I ricercatori dell’Università di Pittsburgh hanno studiato la dermatite allergica da contatto nei topi per comprendere le conseguenze del grattamento sulle eruzioni cutanee.
“Grattarsi è spesso un’esperienza piacevole, il che suggerisce che se questo comportamento si è evoluto, deve fornire qualche beneficio – afferma Daniel Kaplan, autore principale dello studio – . Il nostro studio contribuisce a risolvere questo paradosso fornendo la prova che grattarsi fornisce anche una difesa contro le infezioni batteriche della pelle”. Questi risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Science.
L’origine del prurito
Ma perché avvertiamo prurito? Tutto parte dalle terminazioni nervose distribuite sulla pelle che si trovano all’origine: i recettori del prurito. L’informazione passa attraverso diversi neuroni prima di raggiungere il cervello e provocare il bisogno di grattarsi. Ora immaginiamo di agire. Questo comportamento allevia, almeno temporaneamente, il prurito. È coinvolto un altro tipo di recettore: i nocicettori, specializzati nel dolore.
Questa nuova informazione blocca il prurito a livello del midollo spinale, provocando la sensazione di sollievo. Ma d’altro canto l’infiammazione aumenta, i sintomi peggiorano e la guarigione richiede più tempo. Per comprendere i fattori scatenanti di questo circolo vizioso, il team di Daniel Kaplan ha utilizzato il modello murino.
Come si è svolto lo studio
I ricercatori hanno utilizzato degli allergeni per scatenare una dermatite da contatto, provocando prurito alle orecchie dei topi. “La dermatite allergica da contatto è una reazione ad allergeni o sostanze irritanti, tra cui l’edera velenosa e alcuni metalli come il nichel. Provoca un’eruzione cutanea pruriginosa e gonfia”, hanno affermato gli autori dello studio in un comunicato stampa. Alcuni dei roditori studiati erano in grado di grattarsi. Altri indossavano coni, come quelli che i cani indossano dopo una visita dal veterinario.
Il terzo gruppo era privo di pruricettori. Il risultato: nel primo gruppo di topi, a cui era stato permesso di grattarsi, le orecchie si gonfiavano e un afflusso di cellule immunitarie, chiamate neutrofili, alimentava l’infiammazione. “Al contrario, l’infiammazione e il gonfiore erano molto più lievi nei topi che non potevano grattarsi o erano privi di recettori del prurito”, notano i ricercatori.
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Le conclusioni dello studio
In risposta al grattamento, i neuroni sensibili al dolore rilasciano un composto chiamato sostanza P. Questa molecola si lega quindi a specifici recettori e “attiva” i mastociti, cellule immunitarie. Causano prurito e infiammazione reclutando i neutrofili. Due vie stimolano quindi la reazione infiammatoria, che diventa più pronunciata. I sintomi peggiorano e la guarigione richiede più tempo. Tuttavia, grattarsi procura una sensazione di piacere, per questo i ricercatori hanno cercato di identificare quali benefici si possano trarre da questa pratica.
I sintomi peggiorano ma ci si protegge dai batteri
“I mastociti sono responsabili di molte malattie infiammatorie della pelle, ma svolgono anche un ruolo importante nella protezione in particolare contro i batteri”, spiegano. Quindi è possibile che grattarsi influisca sul microbioma della pelle? I loro esperimenti mostrano infatti una quantità inferiore di Staphylococcus aureus, il batterio più comunemente coinvolto nelle infezioni della pelle. “Questi risultati dimostrano che grattarsi migliora la difesa contro lo Staphylococcus aureus, suggerendo che potrebbe essere utile in determinati contesti”, afferma Daniel Kaplan, aggiungendo però “ma il danno alla pelle dovuto al grattarsi supera sicuramente questo beneficio quando il prurito è cronico”.
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