Detva, Slovacchia centrale, 2 aprile 2025 – Un uomo di 59 anni è stato trovato morto domenica scorsa in una foresta, il corpo straziato da ferite che gridano un’unica verità: un orso bruno lo ha ucciso. La tragedia ha scosso il Paese e acceso un dibattito feroce. Il governo slovacco, guidato dal primo ministro Robert Fico, ha risposto con una decisione drastica: abbattere 350 orsi bruni, un terzo della popolazione stimata, per garantire la sicurezza dei cittadini. Ma mentre le autorità dichiarano lo stato d’emergenza in 55 contee, gli ambientalisti gridano allo scandalo, accusando il ministero dell’Ambiente di ignorare soluzioni alternative e di minacciare l’ecosistema dei Carpazi.
L’attacco di Detva: il dramma che ha scatenato la crisi
Tutto è iniziato in una tranquilla foresta vicino a Detva, nella Slovacchia centrale. Il corpo del 59enne, un cacciatore esperto, è stato rinvenuto nei pressi di un’esca – un punto dove i cacciatori lasciano cibo come mele o mais per attirare gli animali. Le autorità non hanno dubbi: le ferite sono opera di un orso. Non è il primo caso. Secondo il ministro dell’Ambiente Tomas Taraba, nel 2024 le aggressioni di orsi contro l’uomo sono salite a 1.900, un numero che ha fatto scattare l’allarme. “Non possiamo vivere in un Paese in cui la gente ha paura di andare nelle foreste”, ha dichiarato il premier Fico, annunciando il piano di abbattimento. Ma cosa ha spinto l’orso a quel gesto fatale? Per gli ambientalisti, la risposta sta proprio nelle esche, che alterano il comportamento degli animali, attirandoli verso gli umani.
Il piano del governo: 350 orsi da eliminare
La risposta del governo è stata rapida e senza mezze misure. Con lo stato d’emergenza dichiarato in 55 delle 72 contee slovacche, il ministero dell’Ambiente ha ora il potere di autorizzare direttamente l’abbattimento di 350 orsi bruni, una cifra che supera di gran lunga i 144 esemplari eliminati nel 2024. L’obiettivo? Ridurre una popolazione stimata in oltre 1.000 individui, considerata fuori controllo. “Le aggressioni sono in aumento, dobbiamo agire”, ha ribadito Taraba, difendendo una scelta che, dice, è supportata dalla necessità di proteggere i cittadini. Ma il piano non è solo una questione di numeri: è un segnale politico forte, che mette la sicurezza al primo posto, anche a costo di sfidare le leggi internazionali sulla protezione della fauna.
La rivolta degli ambientalisti: “Una strage senza senso”
Non tutti, però, vedono nell’abbattimento la soluzione. Greenpeace Slovacchia è scesa in campo con una critica durissima. “Il ministero dell’Ambiente preferisce uccidere gli orsi piuttosto che affidarsi alle prove scientifiche,” ha dichiarato la portavoce Miroslava A’belova’ all’agenzia Tasr. Secondo l’organizzazione, il problema non sta negli orsi, ma in una gestione fallimentare: rifiuti non protetti, avanzi di cibo e postazioni di esche sono i veri responsabili dei conflitti. “Le situazioni di conflitto spesso si verificano a causa di rifiuti non protetti, avanzi di cibo e postazioni di esche: tutti fattori che il Paese deve affrontare immediatamente e in modo adeguato”, ha sottolineato A’belova’. La proposta di Greenpeace? Deterrenti non letali – come proiettili di gomma, sostanze chimiche e cani addestrati – e la creazione di un grande parco internazionale nei Carpazi per proteggere la natura selvaggia.
I Carpazi sotto minaccia: un ecosistema in bilico
La Slovacchia non è solo un Paese di foreste e villaggi: è il cuore dei Carpazi, una delle ultime roccaforti della natura selvaggia in Europa. Qui vivono non solo orsi bruni, ma anche lupi, linci e una biodiversità che attira scienziati e turisti da tutto il mondo. L’abbattimento di massa, avvertono gli ambientalisti, potrebbe destabilizzare questo fragile equilibrio. “Con il suo operato, il ministero dell’Ambiente mina gli sforzi per proteggere la natura in Slovacchia e minaccia l’integrità ecologica dell’intera regione dei Carpazi”, ha aggiunto A’belova’. La popolazione di orsi, già sotto pressione per la perdita di habitat e il cambiamento climatico, rischia di subire un colpo irreparabile, violando gli obblighi internazionali dell’UE sulla conservazione delle specie protette.
Una storia di conflitti: orsi e uomini a confronto
Non è la prima volta che la Slovacchia affronta il dilemma degli orsi. Nel 2024, il governo aveva già autorizzato l’eliminazione di 144 esemplari, spesso in risposta a incidenti simili. Ma il caso di Detva ha alzato il livello dello scontro. I dati parlano chiaro: gli incontri tra orsi e umani sono in crescita, spinti da un’espansione delle attività umane nelle foreste e da una gestione inadeguata dei rifiuti. Eppure, gli esperti concordano: gli orsi non sono naturalmente aggressivi. “Gli orsi possono essere efficacemente dissuasi con deterrenti non letali”, insiste Greenpeace, citando studi che dimostrano l’efficacia di misure preventive. Ma per il governo, la priorità è un’altra: la paura dei cittadini deve finire, anche a costo di un intervento drastico.
Le voci del popolo: tra paura e speranza
A Detva, la morte del 59enne ha lasciato un segno profondo. “Non possiamo più uscire di casa tranquilli,” racconta Jana, una residente del posto, al quotidiano slovacco SME. “Gli orsi sono ovunque, non è più sicuro”. Ma non tutti sono d’accordo con la linea dura del governo. Peter, un escursionista di Bratislava, la vede diversamente: “Gli orsi sono parte di questo Paese, dobbiamo imparare a convivere con loro, non ucciderli”. Sui social, il dibattito infiamma: c’è chi applaude Fico per il coraggio, chi lo accusa di populismo. Intanto, la Slovacchia si spacca tra chi vuole sicurezza e chi difende la natura.
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