La nuova manovra economica, ora al vaglio del Parlamento, non include misure specifiche per la rivalutazione delle pensioni, lasciando spazio al ritorno del meccanismo previsto dalla legge 388 del 2000. Questo sistema, articolato in tre fasce, risulta più generoso rispetto alle regole applicate negli ultimi due anni. Salvo modifiche parlamentari, si prevedono aumenti differenziati:
- 100% per pensioni fino a tre volte il minimo;
- 90% per importi tra quattro e cinque volte il minimo;
- 75% per importi superiori.
Aumenti stimati: cifre e impatti
Secondo le stime dell’Istat, il tasso di inflazione del 2025 dovrebbe attestarsi intorno all’1,6%, un valore che influirà direttamente sugli importi pensionistici. Ad esempio:
- Una pensione lorda di 1.000 euro avrà un incremento di circa 16 euro lordi mensili (pari a 12,3 euro netti);
- Per un assegno da 1.500 euro, l’aumento ammonterà a circa 18,5 euro lordi.
Nonostante gli incrementi, gli effetti saranno più contenuti per chi percepisce pensioni più elevate, non solo per la riduzione della percentuale di rivalutazione, ma anche per la maggiore incidenza delle trattenute Irpef.
Assegni minimi: piccoli aumenti ma nessuna riduzione
Le pensioni minime erogate dall’Inps vedranno un incremento leggermente superiore all’inflazione, passando da 614,77 euro a 617,89 euro mensili, con un aumento del 2,2%. Il Governo ha precisato che, senza interventi specifici, gli assegni minimi sarebbero scesi a 604 euro, scongiurando così una diminuzione del reddito per i pensionati meno abbienti.
Il ruolo del costo della vita
Gli aumenti risicati riflettono il rallentamento della crescita del costo della vita rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, il ritorno al sistema a tre fasce rappresenta un segnale positivo per i pensionati, offrendo un meccanismo di adeguamento che premia maggiormente le fasce di reddito più basse.
Fonte: Today.it – Rivalutazione pensioni 2025
Iscriviti gratis ai nostri canali per non perdere nessun nostro post!
Telegram: iscriviti qui
WhatsApp: iscriviti qui